IL GIUDICE DI PACE

    Esaminati  gli atti del ricorso depositato il 17 dicembre 2003 da
Rasetta Venanzio avverso il verbale di contestazione - per infrazione
al  codice  della  strada  -  n. 645295  R  redatto  dagli agenti del
Distaccamento   Polizia   Stradale  di  Penne  il  18  ottobre  2003,
notificato in pari data al ricorrente;
    Rilevato che il ricorrente in via preliminare solleva l'eccezione
di legittimita' costituzionale dell'art. 204-bis, comma 3 del C.d.S.,
cosi'   come  introdotto  dalla  legge  1°  agosto  2003  n. 214,  di
conversione  del 27 giugno 2003 n. 151, per violazione degli artt. 2,
3 e 24 della Costituzione, deducendo che:
        la  citata  norma  prevede  che:  «all'atto  del deposito del
ricorso, il ricorrente deve versare presso la cancelleria del giudice
di  pace,  a  pena  inammissibilita' del ricorso, una somma pari alla
meta'  del  massimo  edittale  della  sanzione  inflitta  dall'organo
accertatore.  Detta  somma,  in  caso di accoglimento del ricorso, e'
restituita al ricorrente»;
    con tale norma, il legislatore indubbiamente ha creato di fatto e
riservato sul piano processuale una diversa posizione al ricorrente e
alla  pubblica  amministrazione, differenziando il cittadino abbiente
da quello meno abbiente; la cauzione ex art. 204-bis, comma 3 c.d.s.,
infatti,   lede  il  diritto  fondamentale  dell'individuo,  tutelato
dall'art. 3  della  Costituzione,  ponendo i soggetti abbienti e meno
abbienti  su  un  piano  di disuguaglianza fra loro dando la facolta'
esclusivamente  al  soggetto  che  sia  in  grado  di pagare di poter
esercitare la tutela dei propri diritti proponendo ricorso al giudice
ordinario;
        ne'  puo' sostenersi che al soggetto non abbiente e' comunque
possibile presentare ricorso al prefetto in quanto tale procedura non
prevede  il  versamento  di  alcuna  cauzione,  sia perche' a maggior
ragione  cio'  evidenzia  come  il  ricorso  al giudice di pace si e'
trasformato  in  mezzo  di tutela riservato esclusivamente a soggetti
facoltosi,  sia  perche'  la  scelta della sede ove tutelare i propri
diritti   discrimina  i  cittadini  sul  piano  economico  e  sociale
limitando di fatto la liberta' e l'uguaglianza degli stessi;
    in   sostanza,  il  ricorso  amministrativo  diventa  il  ricorso
riservato  ai  cittadini  poveri  e  quello  giudiziario lo strumento
detinato  ai  cittadini  ricchi;  alla luce di quanto esposto, appare
pertanto   evidente   come   l'art. 204-bis,   comma   3  C.d.s.  sia
incostituzionale,    per    palese   violazione   dell'art. 3   della
Costituzione,  il  quale  stabilisce  che e' compito della Repubblica
rimuovere  (e non creare) ostacoli di ordine economico e sociale che,
limitando  di  fatto  la  liberta'  e  l'uguaglianza  dei  cittadini,
impediscano il pieno sviluppo della persona umana;
        peraltro,  l'art. 204-bis,  comma 3 c.d.s. lede indubbiamente
anche  l'art. 2  della  Costituzione,  che  riconosce  e garantisce i
diritti   inviolabili   dell'uomo,   quale,   appunto,   il   diritto
all'uguaglianza  quale  valore assoluto della persona umana e diritto
fondamentale  dell'individuo;  infine,  appare  altresi'  evidente il
contrasto del citato art. 204-bis, comma 3 c.d.s. con l'art. 24 della
Costituzione,  il quale statuisce che tutti possono agire in giudizio
per  la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi, aggiungendo
che  la  difesa  e'  un diritto inviolabile in ogni stato e grado del
procedimento;
        infatti, l'imposizione del versamento della cauzione previsto
per   la   tutela   dei   diritti  del  ricorrente  nella  sola  sede
giurisdizionale,  oltre a rappresentare un ingiustificato ed ingiusto
vantaggio  per  l'Autorita' opposta che, a differenza del ricorrente,
in  caso  di  vittoria  ha  immediatamente  a sua disposizione quanto
eventualmente  dovuto,  non  assicura  la  possibilita'  di  agire in
giudizio  per  la  tutela dei propri diritti ed interessi legittimi a
coloro  che non dispongono di una sufficiente agiatezza economica, in
tal modo ledendo gravemente il diritto di difesa;
        in  tale  prospettiva l'art. 204-bis c.d.s., comma 3 induce i
soggetti  meno  agiati  a  presentare ricorso amministrativo dove, in
caso di accoglimento dell'opposizione, non vigendo il principio della
soccombenza   delle   spese  processuali,  a  differenza  della  sede
giurisdizionale,  non vengono neppure rifusi ne' delle spese sostente
per   l'assistenza   di  un  professionista,  ne'  delle  spese  vive
sostenute;
      pertanto,  per  i  motivi  sopra  esposti,  si  chiede  in  via
preliminare  che l'on. giudice adito voglia sollevare la questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 204-bis c.d.s. comma 3, cosi'
come  introdotto  di  legge 1° agosto 2003 n. 214, di conversione del
d.l.  27  giugno  2003,  n. 151, per violazione degli artt. 2, 3 e 24
della   Costituzione,   sospendendo   il   presente   giudizio,   con
trasmissione  degli  atti  alla  Corte  costituzionale;  ritenuta non
manifestamente   infondata   l'eccezione   cui  in  premessa  nonche'
rilevante  nella controversia all'esame decidente, dal momento che il
presente  giudizio  non  puo'  essere  deciso indipendentemente dalla
risoluzione  della  questione  posta  di  costituzionalita', la quale
costituisce una vera e propria questione pregiudiziale;
    Visti  gli  artt.  134  Cost.  e  23,  legge 11 marzo 1953, n. 87
nonche' l'art. 295 c.p.c.